Gli strumenti del casaro

Gli strumenti del casaro

Gli strumenti utilizzati nella produzione del Parmigiano Reggiano e altre curiosità.

Nel post di oggi, che idealmente va a completare il precedente riguardo la produzione del Parmigiano Reggiano, ti parlerò degli strumenti utilizzati dal casaro nella produzione del Parmigiano Reggiano e di altre curiosità legate a questo mondo.

Sei pronto per questo nuovo viaggio?

Let’s go!

IL CASEIFICIO

In passato era il centro vitale delle attività agricole del territorio legate alla produzione del re dei formaggi

Infatti, tutti i giorni dai suoi dintorni contadine e fanciulli vi portavano il latte perché venisse trasformato in formaggio.

Nella tradizione parmigiana i caseifici sono a pianta quadrata, mentre nell’area reggiana sono poligonali.

Ma ne esiste anche uno a pianta circolare, a Soragna.

Si tratta di un unicum nel suo genere e, attualmente, è la sede del Museo del Parmigiano Reggiano.

I caseifici potevano essere isolati oppure appoggiati a una casa rustica.

Tutti, però, avevano un tratto in comune.

Storicamente, una volta, nelle loro vicinanze sorgeva una porcilaia per l’allevamento dei suini. 

Questo perché il siero in eccesso del formaggio veniva utilizzato per arricchire il pastone che veniva dato da mangiare ai maiali.

Un esempio ante litteram di economia circolare.

Piccola curiosità: di solito, i caseifici al loro interno conservano un’immagine di San Lucio che è il protettore dei casari.

In queste immagini devozionali il santo viene raffigurato in piedi con uno spicchio di formaggio in mano mentre lo sta offrendo a un povero inginocchiato ai suoi piedi.

La leggenda narra che San Lucio fosse un pastore vissuto nel 1200 in Val Cavargna, al confine tra la provincia di Como e la Svizzera. 

Egli si occupava di portare le mandrie di bovini del suo padrone all’alpeggio, di mungerle e di produrre il formaggio. 

Si dice, inoltre, che sfruttasse la tecnica del caciofiore, che utilizza il caglio vegetale al posto di quello animale, per produrne una quantità maggiore.

Parte in eccesso che San Lucio regalava ai poveri.

Però il suo padrone pensando di essere derubato, il 12 luglio lo uccide e getta il suo corpo in una pozza d’alpeggio che, da allora, ogni anno in quel giorno si colora di rosso.

Per gli abitanti del luogo questo evento è un miracolo e così San Lucio diventa il protettore di tutti coloro che fanno il formaggio.

A questo punto, forse, ti starai chiedendo com’è arrivato il culto di questo santo a Parma da una valle al confine con la Svizzera.

Ebbene, devi sapere che gli abitanti di Cavargna erano contadini poveri e, durante il periodo invernale, per sopravvivere si spostavano in pianura per riparare le pentole di rame e le caldaie dei caseifici nelle quali il latte per fare i formaggi veniva cotto.

Ed è così che il culto di San Lucio si diffonde dapprima in Lombardia e arriva nella provincia di Parma.

IL PERCORSO DEL LATTE

Dopo essere stato munto dal contadino il latte era raccolto nei bidoni e portato al caseificio, dove veniva conferito nel secchio appeso alla stadera, la bilancia. 

Se hai letto il post precedente, sai che per fare una forma di Parmigiano Reggiano ci vogliono 500 litri di latte.

Ovviamente, in passato nessun contadino aveva a disposizione un numero di mucche sufficientemente grande da poter fornire da solo una tale quantità di latte.

Per cui per fare una forma di formaggio occorreva lo sforzo congiunto di più allevamenti.

Il casaro, quindi, per prima cosa pesava il latte conferito da ciascun contadino prendendone nota su un quaderno.

Quando il contadino raggiungeva la fatidica quota di 500 litri di latte conferiti veniva pagato o in denaro o con una forma di Parmigiano Reggiano.

Dopo essere stato pesato e registrato il latte, se era stato raccolto nel tardo pomeriggio, veniva versato in alcune bacinelle circolari e lasciato lì a riposare tutta la notte.

In questo modo affiorava la panna che, il mattino seguente, veniva tolta dal casaro con la spannarola e messa da parte per fare il burro.

Se il latte conferito era, invece, quello della mattina, che è più magro in quanto le mucche alla sera dormono e quindi non mangiano, il casaro lo versava direttamente nella caldaia con il latte parzialmente scremato ricavato col procedimento di cui sopra.

Piccola curiosità: la panna viene tolta perché, se non lo si facesse, l’incessante lavorio dei batteri in essa contenuti durante la stagionatura farebbe esplodere la forma di formaggio. 

Il Parmigiano Reggiano, quindi, è un formaggio cosiddetto semigrasso. 

Ciò è dovuto al fatto che il latte utilizzato nella sua produzione è stato privato della panna che è la sua componente più grassa.

STRUMENTI DI IERI E DI OGGI

  • La damigiana: serviva per conservare il siero innesto ricavato dalla produzione di Parmigiano Reggiano del giorno prima. In questo modo si preservava il ceppo di batteri necessario per la nascita del re dei formaggi garantendogli una continuità.
  • La rotella: un lungo manico con una rotella in legno posta in cima, serve al casaro per mescolare il latte e far amalgamare il siero innesto e il caglio.
  • Lo spino: è lo strumento con cui si taglia la cagliata. In origine era un ramo spinoso ma ciò comportava nel tempo il rilascio di schegge di legno che finivano nel formaggio per cui, a un certo punto, esso venne sostituito da un lungo bastone sulla cui estremità vennero posti degli anelli metallici. Questa innovazione permise al casaro di velocizzare il suo lavoro e di rendere la grana del formaggio più omogenea.
  • La pala: serve per sollevare la cagliata che si deposita sul fondo della caldaia.
  • Il mestolo: è utilizzato per versare il siero innesto.
  • Il termometro: serve per tenere sotto controllo la temperatura in modo che non superi certi parametri.
  • La spersola: tavolo rettangolare, usato per deporvi gli stampi contenenti la cagliata, dotato di una scanalatura per raccogliere e far defluire il siero in eccesso.                 
  • La fascera: serve per dare la forma al formaggio. Sopra di essa vengono posti dei pesi che con la loro pressione fanno uscire una parte del siero.
  • La centrifuga: strumento utilizzato per togliere la panna residua dal siero rimasto nella caldaia.
  • La caldaia: in origine era un grosso pentolone in rame posto su una fornace in cotto che veniva alimentata da fascine di legna che facevano un fuoco diretto. Successivamente si è passati a una caldaia con un doppio fondo in cui scorre il vapore che fa scaldare il latte. L’introduzione di questa innovazione ha permesso un maggior controllo della temperatura e una lavorazione più igienica del formaggio che non viene più contaminato da elementi estranei provenienti dal fuoco come fumo, ceneri e lapilli.
  • Il salatoio: introdotto nell’ottocento (prima il sale veniva passato a mano dal casaro direttamente sulle forme di formaggio, n.d.r.) è costituito da una serie di vasche piene d’acqua che vengono riempite di sale fino a quando la soluzione non è satura.  A questo punto vi si immergono le forme di Parmigiano Reggiano allo scopo di far fuoriuscire da esse il siero rimasto al loro interno in modo da asciugare l’impasto.
  • Il telo di lino: serve per sollevare la cagliata e trasportarla nelle fascere. Si utilizza il lino e non il cotone poiché la cagliata non si appiccica alle sue fibre.
  • La scalera: scaffali dove le forme di formaggio Parmigiano Reggiano vengono fatte stagionare, dopo la salatura.
  • Il coltello scagliatore: è utilizzato dal casaro per aprire il formaggio.
  • Il martelletto: serve per esaminare le forme di formaggio.  Ogni forma è battuta e deve restituire un suono ben preciso.  Quando ciò non accade la forma viene scartata poiché vuol dire che al suo interno c’è una bolla o una crepa. Ad essa, quindi, non è possibile applicare il marchio del consorzio del Parmigiano Reggiano e viene destinata ad altri usi alimentari (ad esempio, in gastronomia).
  • La placca di metallo: piccolo elemento che permette di risalire al produttore di una forma di Parmigiano Reggiano.
  • Il timbro circolare: serve per marchiare le forme con il numero identificativo del caseificio che lo ha prodotto.

Piccola curiosità: il formaggio grattugiato veniva usato dagli antichi etruschi e dai romani all’interno delle anfore come ingrediente aggiuntivo per la conservazione del vino.

CONCLUSIONE

Spero che questo mio testo dedicato agli strumenti che permettono al casaro di produrre il Parmigiano Reggiano, una delle eccellenze della tradizione culinaria dell’Emilia Romagna, e ad altre curiosità ti sia piaciuto.

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Ciò detto non mi resta che salutarti dandoti appuntamento al prossimo post.

Ciao,

Mamma Rosa

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