Il culatello di Zibello DOP

Il culatello di Zibello DOP

Un’eccellenza emiliana che nasce quando la Bassa parmense è avvolta dalla nebbia e dal freddo. 

Come ormai saprai, se hai letto i miei precedenti post sui salumi che danno lustro al territorio dell’Emilia-Romagna, il maiale è diventato un animale domestico fin dai tempi della civiltà terramaricola.

Il motivo è semplice. Questo animale si cibava degli scarti alimentari prodotti dall’uomo e li trasformava in ottima carne di cui cibarsi nel periodo invernale.

Ma alla realizzazione di un prodotto tipico come il Culatello di Zibello DOP, oltre alla carne del maiale, concorrono ancora oggi altri due elementi:

  • il microclima delle terre della Bassa parmense;
  • le sapienti mani del norcino.

LE TERRE DELLA BASSA PARMENSE

Il Culatello di Zibello DOP nasce nei territori dei seguenti comuni:

  • Bussoleto
  • Polesine Parmense
  • Zibello
  • Soragna
  • Roccabianca
  • San Secondo
  • Sissa
  • Colorno

Si tratta di una zona pianeggiante, calda d’estate, fredda e umida d’inverno che ha un microclima così particolare che permette al Culatello di maturare e diventare ciò che è.

Nel passato quest’area era interamente ricoperta da boschi di querce che fornivano protezione e cibo al maiale nero tipico di queste parti.

Si trattava di un animale piccolo, irsuto, aggressivo, geneticamente molto vicino al suo progenitore il cinghiale, e che, in occasione dell’autunno quando le querce lasciavano cadere le ghiande, che sono tossiche per l’uomo ma non per lui, si faceva delle grandi scorpacciate di questo frutto.

In questo modo poteva affrontare i rigori dell’inverno accumulando del provvidenziale grasso.

Purtroppo, il periodo di maturazione del maiale nero è di due anni. 

E questo voleva dire che prima di essere macellato doveva passare un inverno e si era alla vigilia di quello successivo.

Quindi, a causa di questa sua crescita lenta, a metà dell’800 venne sostituito da altre razze dalla crescita più veloce (ad esempio, il large white inglese, n.d.r.).

All’inizio si tentò di ibridare il maiale nero con i suini alloctoni ma i risultati non furono soddisfacenti.

Di conseguenza, gli allevatori puntarono con decisione sulle razze che avevano un accrescimento più veloce. 

Questa decisione ha portato alla quasi scomparsa del maiale nero dal territorio di Parma fino a quando negli anni ‘90, del secolo scorso, non venne reintrodotto da alcuni allevatori nelle zone dell’Appennino.

Un altro fattore che ha contribuito, nel corso dei secoli, al suo ridimensionamento sono state le campagne di bonifica poste in essere dai monaci cistercensi tra il 1000 e il 1200 che hanno portato alla scomparsa dei grandi boschi di querce per far spazio ad ampie distese di prati stabili dove allevare i bovini necessari per la produzione del latte utilizzato per produrre il Parmigiano Reggiano

A causa di ciò venne meno per il maiale nero la sua fonte di nutrimento primaria e, di conseguenza, si passò dagli allevamenti allo stato brado a quelli in stalla.

Piccola curiosità: tali allevamenti sorsero nei pressi dei caseifici dediti alla produzione del Parmigiano Reggiano poiché con il siero di risulta della produzione del formaggio veniva preparato il mangime per il nutrimento dei suini.

I SEGRETI DEL CULATELLO

Il Culatello, da sempre, è considerato un salume di pregio. Il Re dei salumi.

Questo grazie alla presenza del pepe.

Spezia che, fino alla scoperta dell’America, solo i più ricchi si potevano permettere di utilizzare in cucina.

Infatti, il pepe costava molto poiché proveniva dall’India e faceva un lungo viaggio prima di arrivare in Italia.

Ma come si fa il Culatello?

La ricetta prevede che si utilizzino le masse muscolari più morbide e importanti della coscia scotennata di un maiale adulto del peso di 250-280 kg. 

Dai 20-22 kg di una coscia, solo 6-7 kg avranno il privilegio di diventare Culatello.

Carne che verrà opportunamente rifilata per dargli la classica forma a “pera” e, poi, massaggiata con vino Fortana e aglio.

Dopodiché, passata una decina di giorni, subirà la salatura con una miscela di salagione composta da sale e pepe.

Dopo aver riposato per 5 giorni in modo che il sale possa penetrare bene, avverrà la cosiddetta investitura

Ovvero l’insaccamento del pezzo di carne così trattato all’interno della vescica del suino che, prima, è stata svuotata, rivoltata, gonfiata e rigenerata in aceto.

Successivamente, la vescica verrà cucita stretta e aderente in modo da non far penetrare l’aria.

Poi, si avrà la legatura con lo spago. 

In questa fase si dovrà immagliare il culatello molto stretto per mettere la carne in pressione.

E alla fine verrà tutto bucato in modo da permettere ai liquidi di fuoriuscire.

A questo punto i culatelli, dopo una prima fase di asciugatura, passano in appositi locali dove avviene la stagionatura che va da un minimo di 10 mesi per i culatelli di almeno 3 kg ad una media di 14 mesi per tutte le pezzature più grandi.

Ma per le qualità più pregiate, come quelli dell’Antica Corte Pallavicina, si può arrivare anche a 40 mesi.

Piccola curiosità: le classi altolocate non chiamavano il Culatello con questo nome poiché ritenuto volgare e disdicevole da pronunciare. Quindi si riferivano a questo salume chiamandolo: Investitura. Tale denominazione è dovuta al fatto che la carne di maiale era insaccata nella vescica del suino.

CONCLUSIONE

Spero che questo viaggio alla scoperta di quello che, a ragione, è considerato il Re dei salumi e uno dei prodotti alimentari più famosi della tradizione culinaria dell’Emilia Romagna ti sia piaciuto.

Se è così, per non perdere i prossimi articoli iscriviti alla mia Newsletter e seguendo il blog.

Ciò detto non mi resta che salutarti dandoti appuntamento al prossimo post.

Ciao,

Mamma Rosa

Condividi