Il principe dei salumi
Il salame di Felino IGP (Indicazione Geografica Protetta), anche detto salame Felino, prende il suo nome dall’omonimo comune della provincia di Parma che ha una tradizione plurisecolare nella lavorazione di questa tipologia di salame.
Il suo territorio, grazie al particolare microclima che lo caratterizza, oltre alla vicinanza con Salsomaggiore e Salsominore da cui, un tempo, i produttori si rifornivano del sale utilizzato nell’impasto del salame, è uno degli elementi segreti che hanno reso così buono e gustoso questo salume.
LA STORIA DEL SALAME FELINO
Fin dall’età del bronzo la zona di Felino ha stretto un forte legame con il maiale.
A riprova di ciò vi sono i numerosi frammenti ossei di suino ritrovati tra i reperti del villaggio terramaricolo di Monte Leoni, che è situato sulle colline che sovrastano il paese.
I primi riferimenti bibliografici relativi al salame di Felino risalgono, invece, al I secolo d. C..
Infatti, ne parlano diversi autori latini tra cui Marco Gavio Apicio nel suo De re coquinaria.
Mentre la sua prima raffigurazione risale al XIII secolo ed è visibile nel Battistero di Parma, progettato da Benedetto Antelami (scultore e architetto, n.d.r.).
Laddove si trova una formella, incastonata nella lastra dedicata al segno zodiacale dell’acquario, in cui è rappresentato un uomo intento a lavorare in cucina e sul supporto al quale è agganciata la pentola ci sono due salami appesi ad asciugare che hanno la medesima forma e dimensione dell’attuale salame Felino IGP.
Devi sapere, infatti, che fino al 1500 i nostri antenati erano soliti cuocere qualsiasi tipo di salume (salame e prosciutto compresi, n.d.r.), prima di consumarlo.
Da questa data in poi si comincia a consumare il salame crudo e questo lo sappiamo poiché i primi salami crudi iniziano ad apparire nei quadri di nature morte.
A questo punto, magari, ti starai chiedendo il motivo per cui il salame veniva raffigurato in questa tipologia di dipinti.
La risposta a questa lecita domanda è… perché questo salume era molto prezioso e prestigioso, tanto che i gesuiti di Parma, ogni anno a Natale, erano soliti regalare al Papa un cesto di salame di Felino.
Pensa che all’epoca era più costoso del prosciutto crudo e del culatello di Zibello.
Questo essenzialmente per due motivi:
1) era di difficile fattura in quanto essendo fatto con carne macinata aveva un maggior rischio di cattiva riuscita. Infatti, poteva esserci dell’aria o una cattiva fermentazione che andava a guastare il prodotto;
2) inoltre, conteneva il pepe, una spezia che proveniva direttamente dall’India dopo un lungo viaggio di più di sei mesi che dalle coste indiane via nave giungeva, dapprima, ai porti del Mar Rosso. Da qui su dorso di cammello arrivava fino alle coste del Mar Mediterraneo. Da dove, infine, riprendeva la via del mare sino a giungere a Venezia, città che per tanto tempo, in Europa, ha avuto il quasi esclusivo monopolio nel commercio delle spezie.
Ma torniamo alla storia del principe dei salumi.
In passato la carne di suino utilizzata per la sua produzione era quella del maiale nero che viveva allo stato brado nei territori del parmigiano cibandosi di ghiande le quali conferiscono un sapore particolare alle sue carni.
Questa razza di suini, però, ci impiega ben due anni prima di raggiungere la maturità giusta per la macellazione.
Così, nel 1880 i Borboni che all’epoca governavano Parma e la sua provincia iniziarono a importare dall’Inghilterra il maiale Large White che matura in un anno e ha una stazza superiore.
Inizialmente, questa specie venne ibridata con il maiale nero.
Ma col tempo soppiantò quest’ultimo proprio a causa del fatto che maturava più velocemente.
Prima dell’avvento dei salumifici industriali, nel corso del ‘900, il maiale, dopo che era stato all’ingrasso, veniva ucciso dal norcino, in inverno, in un giorno particolarmente freddo e asciutto, anche detto giorno dell’ammazzata, l’antica festa crudele.
Crudele ma essenziale per la sopravvivenza della famiglia del contadino.
Breve inciso: il termine norcino deriva da Norcia, paese dell’Umbria in cui c’era un’importante scuola di medicina.
Devi sapere, infatti, che fino al 1482 quando Papa Sisto IV autorizzò la dissezione dei cadaveri si riteneva che questa pratica fosse stata proibita dalla Chiesa e portasse come conseguenza alla scomunica diretta di coloro che la praticavano.
Quindi i medici per imparare come erano fatti i corpi si esercitavano sui maiali che internamente sono gli esseri viventi più simili all’uomo.
E i norcini erano, appunto, gli addetti della scuola di medicina di Norcia che avevano l’incarico di aprire i maiali per far vedere come erano fatti al loro interno.
Da qui il termine norcino è stato traslato a tutti quelli che sezionavano i maiali indipendentemente dal fatto che lo facessero a Norcia o meno.
Altra curiosità, è attorno al 1897 che a Milano il salame che, dapprima, era chiamato in modo generico “di Parma” verrà ribrandizzato “di Felino” per sottolineare la qualità del prodotto realizzato con la carne di suini di montagna che si cibavano di ghiande.
Nota a margine: nel 1990 il maiale nero, che attualmente vive allo stato brado nell’alto appennino parmigiano, è stato recuperato dando origine a delle produzioni di salame di nicchia.
COME SI PRODUCE IL SALAME FELINO
Per produrre il salame di Felino IGP si usano, principalmente, carni scelte di maiali italiani in purezza o derivati delle razze tradizionali di base Large White e Landrace che devono avere un peso medio alla macellazione di 160 kg.
Queste carni vengono poi macinate con pepe, sale e aglio pestato.
A cui si possono aggiungere:
- zuccheri
- vino bianco secco
- nitrato di potassio e/o di sodio
- nitrito di sodio e/o potassio
- acido ascorbico e suo sale sodico
- colture di avviamento alla fermentazione
Questo fa sì che il salame Felino risulti dolce e delicato al palato, e abbia una carne dal color rosso rubino, priva di macchie, più gustosa rispetto a quella degli altri salami in commercio.
L’impasto viene insaccato in budello naturale di suino che viene legato a mano con uno spago.
L’asciugatura ha una durata minima di 4 giorni e massima di 6 ed è effettuata a caldo ad una temperatura compresa tra i 13° e i 24°C.
Dopo questa fase si passa alla stagionatura che avviene in locali diversi da quelli utilizzati per l’asciugatura e dura almeno 25 giorni.
Alla fine di tutto questo processo si ha un salame di Felino IGP il cui peso è compreso tra i 200 g e i 4,5 Kg, mentre la lunghezza varia tra i 15 cm e i 130 cm.
CONCLUSIONE
Spero che il viaggio alla scoperta del principe dei salumi della tradizione culinaria dell’Emilia Romagna, che è diventato un’eccellenza italiana, ti sia piaciuto.
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Ciò detto non mi resta che salutarti dandoti appuntamento al prossimo post.
Ciao,
Mamma Rosa